I bambini e le intelligenze multiple - Intervista alla professoressa Paola Nicolini

I bambini e le intelligenze multiple - Intervista alla professoressa Paola Nicolini

Elisa mostra una grande passione nel fare e disfare delle torri con le costruzioni e sembra non voler smettere mai. Francesco, al primo anno della scuola dell’infanzia, è attento a ogni suono, ne riconosce la provenienza e si diverte a “suonare” qualsiasi oggetto. Sabrina, fin da quando aveva tre anni, chiede ogni sera che le venga raccontata una storia ed è spesso assorta a giocare con pupazzetti per rappresentarne le vicende. Anna ama stare in equilibrio sul bordo dei muretti bassi che sono sulla strada di casa, mentre torna dai giardinetti in cui ha corso e saltato tutto il tempo. Enrico passa molto tempo a fare travasi, conta gli oggetti e spesso valuta le quantità.

I comportamenti ricorrenti e quello che bambine e bambini fanno mostrando di provarci gusto possono essere considerati una delle manifestazioni più evidenti delle intelligenze multiple teorizzate da Howard Gardner? 

Lo abbiamo chiesto alla professoressa Paola Nicolini, docente di Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione all’Università di Macerata, che collabora da diversi anni con lo psicologo americano e che ha tradotto in italiano alcuni dei suoi studi più importanti.

1. Quanto è cambiata, in questi anni, la nostra concezione dell’intelligenza?

Quando Howard Gardner ha scritto per la prima volta di intelligenze multiple, il concetto è stato considerato come una sorta di rivoluzione nell’ambito degli studi di settore. Per questo Gardner si è impegnato moltissimo a portare prove rispetto alla possibilità di identificare più modi di risolvere problemi, da parte degli esseri umani.

Oggi come oggi si cita sempre più spesso l’intelligenza coniugandola al plurale, anche se non sempre lo si fa in modo scientificamente corretto.

2. A scuola, all’università e nel mondo del lavoro sono stati utilizzati per anni i test attitudinali e i test del QI. È ancora così?

In Italia i test possono essere utilizzati solo in particolari situazioni, a differenza di quanto accade negli Stati Uniti, in cui la loro diffusione è molto pervasiva. È stato proprio il ricorso alla misurazione che ha spinto Gardner a voler dimostrare l’inefficacia di tale pratica, che dipende fondamentalmente dal modo in cui l’intelligenza è definita.

3. Leggere e comprendere, scrivere, fare i calcoli, saper ragionare ed esprimersi in modo efficace sono ancora considerate competenze fondamentali nell’apprendimento. Anche grazie alla teoria di Gardner, sappiamo che nelle nostre vite sono importanti anche altre abilità, che però vengono meno considerate a scuola. Ci sono delle ragioni per questo?

Per comprendere quello che accade nella nostra cultura, basta pensare alle differenze su quanto accade a scuola e quanto ha valore nella vita extrascolastica. Un calciatore può diventare uno strapagato campione, un’attrice può essere una famosa star che occupa le prime pagine dei giornali, una cantante vincere importanti rassegne. Queste persone potrebbero aver avuto una vita scolastica difficoltosa, perché le loro intelligenze sono poco riconosciute a scuola e spesso gli insegnanti non sanno avvalersi delle opportunità che esse offrono anche per gli apprendimenti scolastici. Si tratta di sostenere un cambiamento culturale che riconosca tutti i tipi di talento di cui gli esseri umani sono dotati, ne permetta l’esercizio e l’utilizzo, ne sostenga i risultati e sappia come indirizzarne le caratteristiche specifiche anche per apprendimenti considerati di fondamentale importanza come la famosa triade del leggere, scrivere e far di conto.

4. Nelle nostre scuole sembra più importante certificare i bisogni educativi speciali piuttosto che individuare in modo precoce le inclinazioni e i punti di forza di bambini e bambine. Potrebbe indicare i motivi?

La mente umana tende a concentrarsi sulle parti mancanti piuttosto che su quelle presenti, da questo deriva un’intera tradizione, soprattutto scolastica, a considerare gli alunni e le alunne per ciò che essi non sanno fare. Frasi come “l’alunno non sa risolvere un’operazione”, “l’alunna non sa ancora elaborare una frase”, “il bambino disegna senza rispettare i bordi”, “la bambina non rispetta i turni nel mettersi in fila” sono all’ordine del giorno nel gergo scolastico. Sarebbe invece più utile soffermarsi su quanto alunne e alunni sanno fare, per comprendere come essere di aiuto al loro sviluppo, permettendo loro di fare un passo avanti senza eccessive difficoltà. Si tratta di offrire le occasioni, ben progettate, perché possano evolvere impegnandosi quel tanto che non li spinga a rinunciare o a sentirsi incapaci.

Si sta verificando una tendenza negli ultimi anni, inoltre, a patologizzare tutto ciò che non rientra in quello che è considerata la norma. Ma il tema fondamentale è cosa sia la norma, e soprattutto chi possa decidere il punto preciso in cui fissarla.

5. Che impatto ha avuto la teoria di Gardner tra i professionisti dell’educazione e tra chi si occupa di psicologia dello sviluppo?

Tra i ricercatori di settore la teoria di Howard Gardner tutt’oggi è sottoposta a delle critiche, ma a livello dei professionisti che si occupano giornalmente di bambine e bambini, le evidenze della pluralità dei linguaggi con i quali essi sono al mondo, nonché le loro anche radicali differenze, sono assodate. Quando educatori, educatrici o docenti dei vari ordini di scuola vengono a contatto con la teoria delle intelligenze multiple, trovano un modo sistematizzato di dare forma a qualcosa che hanno intuitivamente compreso.

6. Il Project Spectrum, una ricerca con cui Gardner provò a individuare e valutare tutto lo spettro delle intelligenze in età prescolare, venne realizzato in alcune scuole dell’infanzia americane utilizzando un’ampia varietà di giochi e attività. Qual è ancor oggi il valore di quella esperienza?

Si tratta del lavoro più sistematico dell’applicazione della teoria, messo a punto da un team di ricercatori che ancora oggi lavorano insieme ad Harvard, in quello che attualmente si chiama Project Zero. I testi del Project Spectrum sono 3: il primo ne illustra i principi teorici, il secondo individua e descrive una serie di attività da offrire a bambine e bambini di 5 anni per poter riconoscere le intelligenze che esercitano con un buon livello di problem solving, il terzo fornisce un insieme di proposte per poterle esercitare giocando. In quest’ultimo c’è una parte dedicata anche alle famiglie, con le indicazioni per divertirsi a casa, insieme, utilizzando tutto lo spettro delle diverse intelligenze.

7. Gli insegnanti e i genitori potrebbero utilizzare lo stesso approccio?

Certamente, ed è importante che i genitori possano riconoscere quali comportamenti ricondurre alle diverse intelligenze, così da dare ai propri figli e figlie le opportunità di crescere secondo le loro particolari inclinazioni, rispettandoli, senza ostacolarli e forzarne la direzione secondo le proprie aspettative.

8. Con quali attività ludiche?

È importante offrire opportunità di interagire con materiali, oggetti, contesti diversificati, a casa come a scuola. Costruzioni impilabili e puzzle per sollecitare l’intelligenza spaziale, foglie e semi per esercitare quella naturalistica, libri e storie raccontate per nutrire l’intelligenza linguistica, oggetti che producono suoni e canzoni per favorire il ricorso alle abilità musicali, le foto dei compagni e le compagne del proprio gruppo per abituarsi a usare le abilità di riconoscimento interpersonale, una valigetta in cui tenere cose che segnano le tappe del proprio sviluppo per alimentare la consapevolezza intrapersonale, palle e birilli per giocare con l’intelligenza corporeo-cinestetica, una bandiera della pace o la visita a un luogo di culto per sviluppare il pensiero filosofico, materiali da poter raggruppare e quantificare sono funzionali a rinforzare il problem solving di tipo logico-matematico.

9. All’inizio della nostra conversazione abbiamo parlato delle intelligenze dei bambini più piccoli. Ad esempio quelle di Francesco, che ha, tra gli altri, una spiccata capacità in ambito musicale. Cosa dovrebbe fare un genitore in situazioni come queste?

Sebbene possa essere difficile convivere con un bambino che abbia una spiccata inclinazione verso i suoni e i rumori, in quanto cercherà in modo quasi incessante di produrne, è importante non bloccare queste interazioni. Inquadrarle come un esercizio di una delle intelligenze è utile a non soffocarne lo sviluppo.

Allo stesso modo è importante dare ad Anna la possibilità di sperimentare i tanti possibili modi di percorrere il muretto, di trovare le soluzioni per salire e scendere senza farsi male, non interponendosi e sostituendosi per via dei propri timori.


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